Adrian Newey, la storia di un genio della Formula 1.

Tutto inizia da qui.

“Mi piace lavorare direttamente sul design dell’auto, passando gran parte della settimana a disegnare soluzioni. Cerco di dare il buon esempio non solo realizzando personalmente i disegni, ma anche consigliando altri ingegneri su come implementare le idee”.

È la sintassi perfetta di un uomo che ha scritto la storia dell’auto da corsa: Adrian Newey.

Questa frase colpisce molto, racconta in breve l’uomo, colui che “abita” dentro la figura di Direttore Tecnico: caparbio, cinico e con una visione del proprio lavoro senza precedenti. Adrian ha raccolto le sue idee in “How to build a car”, un libro che ho avuto modo di leggere di recente e che racconta l’ineguagliabile carriera di un tecnico che ha disegnato veri e propri gioielli con le ruote.

C’è di tutto, dalle prime idee messe su carta a 12 anni, ai segreti delle corse degli anni 2000; in mezzo a tutto questo le straordinarie storie di vita vissuta in giro per il mondo, lasciando al lettore una sensazione particolare: ci fa capire il legame profondo che lega l’uomo Adrian al mezzo meccanico, il fascino di una Formula 1 che gira in un circuito il più veloce possibile.

È un libro tutto da leggere, composto da più di 400 pagine, interrotto solo in pochi punti da immagini e disegni, tutto scritto da colui che possiamo definire l’erede diretto di Colin Chapman, l’uomo che è stato capace di adattarsi meglio di tutti ai molteplici cambi regolamentari che ha trovato lungo il suo percorso.

Dalla March 881 del 1988, portata in gara dalla Scuderia Leyton House, alla Red Bull RB19, Newey ha sempre definito il paradigma tecnico, dal fondo piatto alle attuali monoposto ad effetto suolo.

Il padre era un appassionato di auto, da lui eredita la passione; ma la scuola non gli interessava, dedicava il tempo alle ragazze ed alla bicicletta, ma continuava a coltivare il suo grande sogno: progettare un’auto da corsa.

Cambia atteggiamento quando un amico gli fa notare che senza una laurea nessuno lo avrebbe mai preso per un ruolo del genere; si convince, si iscrive all’università di Southampton discutendo la sua tesi di laurea sulle auto ad effetto suolo, con il massimo dei voti.

Il suo primo lavoro é da assistente di Harvey Postelthwaite, dopo qualche anno di apprendistato anche in America, nel 1988 realizza la sua prima creatura in F1, la March 881.

Questo è l’inizio della storia, contrassegnata da innumerevoli successi, dividendo la traiettoria del suo lavoro in “round” più che per capitoli. Creatività ed interpretazione dei regolamenti sono le chiavi dei successi dell’inglese, con l’aiuto di schizzi tecnici descrive il suo metodo di lavoro, spiegazioni basate su esempi concreti.

Dall’epoca in Williams a quella con McLaren, un’epopea di Campionati Piloti e Costruttori vinti fino al dominio Ferrari a cavallo dei 2 millenni.

Dopo anni di disfatte approda in RedBull consigliato da David Coulthard; il Mondiale va alla Brawn Gp, ma è sua l’auto più innovativa: debutta in F1 la scatola del cambio in titanio rivestita in fibra di carbonio, tecnologia usata ancora oggi.

Dopodiché arrivano quattro anni di successi con il team di Milton Keynes, sino al dominio Mercedes dell’era ibrida. Da 3 anni a questa parte ha ideato, creato e portato in pista la monoposto più veloce, imprendibile per tutti. consentendo a Max Verstappen di centrare 2 allori iridati consecutivi.

Dedica molto spazio nel libro anche alla pagina più brutta della sua vita: la morte di Ayrton Senna nel 1994; su quella vettura Adrian condivise la responsabilità progettuale in coabitazione con Patrick Head. Una macchia che lo tenne fuori dall’Italia per molto tempo, ma che lo vide scagionato in via definitiva 3 anni dopo.

Un libro assolutamente da gustare, poche le foto che lo ritraggono: con Senna, Horner ed al suo posto di lavoro con il suo mitico tecnigrafo e la matita giusta.

Semplicemente il numero 1.


Scritto da Alessandro Rossi

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