Storie d’altri tempi: Alfa Romeo 155.

È il 18 Dicembre 1991, una data molto significativa per gli appassionati di corse, la Lancia annuncia il suo ritiro in forma ufficiale dai rally, pur in concomitanza con la presentazione dell’ultimo step evolutivo della Delta, la HF Integrale “Evoluzione”.

Nonostante il ritiro ufficiale, tutte le auto al massimo del loro sviluppo tecnico vengono affidate al mitico sodalizio Jolly Club vincendo per l’ultimo anno. Il livello della concorrenza stava crescendo e la casa torinese non aveva a disposizione una vettura capace di essere competitiva per sostituire la Delta, così lo stato maggiore del Gruppo FIAT decise di destinare le risorse verso un’altro marchio, ma questa volta in pista.

Parliamo naturalmente di Alfa Romeo, nel ’92 infatti molti tecnici di Abarth, artefici dei successi Lancia, cominciarono a lavorare al progetto Alfa 155, nelle sue varie versioni.

Responsabile delle attività in pista il mitico Giorgio Pianta, progetto nelle mani di Sergio Limone, motorista Giuseppe “Pino” D’ Agostino, piloti ufficiali Nicola Larini e Alessandro Nannini, livrea nella mitica colorazione Martini Racing

Il primo passo fu realizzare una vettura per il Campionato Turismo Italiano, serviva anche per “rodare” la squadra in vista di un impegno molto più importante: nel 1993 correrà nel Campionato DTM.

Una buona notizia per la serie teutonica, dove i tedeschi di Mercedes e Opel vedevano la casa italiana in un ruolo di comprimaria, utile a fare numero ma con un costruttore dal grande blasone il DTM ne guadagnava in immagine.

Il regolamento era in tedesco scritto dai tedeschi, se non si interpellava un traduttore madrelingua era difficile individuare le zone grigie da sfruttare, per di più Alfa non investì ingenti risorse, ma quelle umane erano di primo livello.

Il regolamento permetteva di installare sulla vettura un propulsore di derivazione stradale rivisto e corretto per la pista; 2.5 l V6 aspirato, l’angolo della V doveva rimanere di serie, Alfa Corse utilizzò il mitico 6 cilindri Busso 60°.

Il Campionato fu a senso unico, Alfa non vinse, ma trionfò! Il DTM 1993 è nostro!! Memorabile la sfida sul vecchio Nurburgring, il re della Nordschleife era Klaus Ludwig, Larini vinse entrambe le manche, fu una gara molto importante perché per i tedeschi si trattava di un Campionato racchiuso in un unico evento.

Da comprimari a mattatori, che Campionato! Negli anni successivi l’evoluzione tecnica la fa da padrona, Alfa eaccoglie parecchi allori ma di titoli non c’è traccia. Nel 1996 le auto hanno un livello tecnico pari se non superiore alle Formula 1, i costi erano alle stelle, ma la casa del Biscione voleva ancora dire la sua.

Ph RM Sotheby’s

L’ultima configurazione è la 155 V6 TI, il telaio era di tipo tubolare, costituito da una complessa struttura a traliccio di tubi di acciaio. La carrozzeria poteva essere modificata mantenendo però le linee originali, tutti i componenti comprese le porte ed i cofani rivestivano il telaio tubolare.

Ph RM Sotheby’s

Il regolamento imponeva un fondo piatto per limitare l’effetto suolo, che tuttavia poteva raggiungere un valore importante di downforce pari a 800 kg alla massima velocità. Ciò grazie anche ad un alettone posteriore biplano posizionato sopra il bagagliaio ed una vera e propria ala posizionata sul paraurti anteriore.

Ph RM Sotheby’

La trasmissione era di tipo sequenziale a 6 rapporti semiautomatico elettroidraulico comandato da bilancieri al volante, la trazione era integrale permanente. Presenti un differenziale centrale a bloccaggio controllato elettronicamente e due differenziali, anteriore e posteriore, autobloccanti.

In base alla conformazione del circuito veniva modificata la ripartizione della coppia motrice al 35-40% sull’avantreno e 65-60% sul retrotreno. Le sospensioni anteriori e posteriori erano a quadrilateri deformabili Push Rod.

La stagione comincia con il piede sbagliato, ci si chiede come fare per cambiare rotta, Giuseppe D’ Agostino propone un nuovo V6, servirebbe un 90°. Il Busso era diventato obsoleto per lavorare a regimi di 12.000 giri, in più avendo i perni di biella sdoppiati, l’albero a gomiti era molto pesante, a livello di massa inerziale a 12.000 giri non è l’ideale.

Così cercando di trovare una valida soluzione, Joe Bauer parlò con Sergio Limone, non si doveva per forza montare un V6 della casa ma anche uno del gruppo di appartenenza. Fu lì che l’ingegnere torinese tirò fuori il coniglio dal cilindro, rovistando nelle varie scartoffie burocratiche si scoprì che per un certo periodo Alfa Romeo era confluita in Alfa Lancia Industriale.

C’era un V6 90°, il PRV (Peugeot Renault Volvo) montato anche sulla prima serie della Lancia Thema, D’Agostino partì subito con il progetto rispettando l’interesse originale tra i cilindri e l’angolo tra le bancate, ne venne fuori un vero e proprio capolavoro di ingegneria meccanica.

La nuova unità motrice offriva il vantaggio di una struttura semplificata dell’albero motore, risultando quindi più semplice, più corto di 7 cm, leggero e quindi con meno sollecitazioni torsionali. Il nuovo V6 raggiunse la potenza massima di 490 CV, il peso scese a 96 kg, testa in sofisticate leghe di alluminio microfuso, 24 valvole a richiamo pneumatico, lubrificazione a carter secco.

Queste innovazioni contribuirono ad una serie di vittorie, 9 per essere esatti, con 10 pole position. Purtroppo l’inizio di Campionato sfavorevole ebbe un peso troppo importante e la casa del Portello non riuscì a recuperare i punti persi nella Serie.

Rimarrà comunque nella storia questo fantastico modello, la massima espressione delle vetture turismo, una vera e propria Formula 1 a ruote coperte. Una storia di uomini, una storia tutta italiana.

Scritto da Alessandro Rossi

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