Formula 1, “L’è tutto da rifare”.

L’è tutto da rifare.

“Cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia”, è una indiscussa regola della matematica, ma sembra funzionare anche in questa Formula 1 2023: cambia il fattore pista, il vincitore, ma non il prodotto finale. Infatti il dato inconfutabile è rappresentato dalla RedBull assolutamente miglior vettura del lotto, quello che sorprende è che su dieci squadre, un progetto è indovinato mentre nove sono sbagliati, un risultato fallimentare.


Ci si aspettava un regolamento rivoluzionario che avrebbe consentito maggiore spettacolo in pista e con più team in lotta, diversi potenziali vincitori a darsi battaglia, ma così non è stato: Sergio Perez vince a Jeddah praticamente a mani basse, relegando gli avversari a distacchi che in gara si traducono con la media di un secondo al giro almeno inflitta alla concorrenza. Max Verstappen sente la sua RB19 cucita addosso, riuscendo ad arrivare alle spalle del messicano partendo quindicesimo.

Questo ci fa capire quanto passo abbia la creatura di Adrian Newey rispetto agli altri, un perfezionamento di una monoposto già vincente che non smentisce mai le attese, l’ennesimo coniglio dal cilindro trovato chissà come, solo lui può saperlo. Il progetto che funziona meglio di altri è quello di AstonMartin, tanto da riportare Fernando Alonso sul podio, anche se con un distacco non da poco.

Ci si domanderà: e gli altri? Persi nel buio, persi cercando di trovare la finestra operativa ottimale degli pneumatici, mappe aerodinamiche che funzionano a volte si e a volte no, strategie che non combaciano con le simulazioni, squadre che hanno in procinto di cambiare la loro veste aerodinamica da quì a poco. Tutto questo è il contrario di quanto accade per la squadra di Milton Keynes: mettono l’auto a terra al venerdì e tutto gira a meraviglia, con il team che si dedica prettamente a quello che conta, la gara.

Le note di demerito vanno a due protagonisti che dovrebbero dimostrare ben altro: una va alla Scuderia Ferrari e l’altra alla FIA, semplicemente perché hanno un problema molto grande: non imparano dagli errori commessi, a questi livelli è qualcosa di surreale ed imperdonabile.


La prima mette in pista una monoposto che non risponde alle variazioni di assetto e di aerodinamica; questo vuol dire principalmente che la correlazione dei dati simulatore-pista non funziona, oppure che c’è qualcosa che non funziona nel telaio nel suo complesso.

Ferrari, per ammissione del D.T., ha bloccato lo sviluppo della F1-75 a Luglio, concentrandosi sulla nuova nata: il risultato tuttavia è quello che vediamo, con tanto di proclami del CEO prima della presentazione della macchina 2023. C’è da lavorare, molto, per cercare di rendere meno dolorosa una stagione iniziata malissimo e che rischia di rappresentare l’ennesimo fallimento.

Unica nota positiva, i PitStop del Cavallino: adesso c’è ordine ed una direzione da seguire per migliorare, i risultati del cronometro ai box si vedono, infatti la Scuderia Ferrari è la più veloce almeno nel cambio pneumatici. I PitStop che nell’attuale F1 sono sempre più fondamentali, peccato per una Rossa che non va come dovrebbe.

La FIA appunto, non smette mai di smentirsi; prima gestisce male l’abbandono di Stroll: a cosa serve far entrare la Safety Car quando la vettura di Lance è in una situazione pressochè di sicurezza? A mio avviso non v’era ragione di pericolo, quindi la SC non aveva ragione di esistere.

Non contenta della topica commessa, si replica andando a decidere se la penalità di Alonso dovesse essere applicata o meno solo a notte fonda; l’ennesima notte fonda di un Campionato che a questi livelli ha bisogno solo ed esclusivamente di chiarezza.

Aveva ragione Gino Bartali.

Scritto da Alessandro Rossi

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