F1 Under Attack: quando la minaccia arriva dall’alto.

Il Race Weekend di F1 a Jeddah ha acceso i riflettori su un’importante questione : la sicurezza dei piloti in pista davanti ad una minaccia come quella del terrorismo. 

 Le avvisaglie del pericolo di correre in un paese come l’Arabia Saudita si erano già viste lo scorso anno nella vicina città di Riyadh durante l’E-Prix del deserto: in quell’occasione infatti un’attacco missilistico aveva colpito obiettivi civili quando i drivers erano impegnati in pista.

All‘E-Prix era presente anche il neo Presidente eletto della Fia Mohammed Ben Sulayem, che insieme ai presenti all’evento aveva sentito un forte boato dovuto proprio all’attacco del movimento ribelle yemenita degli Houti, alleati con l’Iran, che avevano affermato di aver puntato un missile balistico e nove droni su “bersagli sensibili” a Riyadh.  Inoltre, in occasione del primo Gran Premio dell’Arabia Saudita a fine 2021, le associazioni umanitarie avevano richiesto al sette volte titolato Lewis Hamilton di non gareggiare o di scendere in pista con una maglietta ed adesivi che facessero riferimento ala questione dei diritti civili nella Penisola Araba.

Quest’anno la storia si è ripetuta, infatti nella giornata di ieri un’impianto petrolifero di proprietà dell’Armaco (già sponsor del team Aston Martin e della F1 stessa) ad una decina di chilometri dal tracciato è stato colpito da un missile lanciato dallo stesso movimento ribelle Houti, e la scia di fumo ben visibile all’orizzonte è stata avvertita “olfattivamente” anche da Max Verstappen ed altri piloti che stavano sfrecciando in pista e che hanno sentito l’acre odore di bruciato.

A seguito di quanto accaduto e nonostante le rassicurazioni in serata del governo saudita e degli enti locali addetti alla sicurezza, i piloti hanno deciso di organizzare un meeting che si è protratto fino a notte inoltrata e su cui la stessa Formula 1 pare abbia imposto un silenzio stampa: al termine, mentre era chiaro che il secondo fine settimana della stagione si sarebbe disputato regolarmente, secondo alcune indiscrezioni odierne dalla stampa inglese pare che almeno 5 piloti abbiano espresso la volontà di non correre e che, qualora si fossero impuntati nell’attuare la “disobbedienza”, si paventava l’impossibilità di lasciare Jeddah ed il paese.

Alla luce di queste considerazioni, lo spettacolo deve continuare e così è stato deciso: ma a che prezzo? Chi mai può garantire davvero ed al 100% che non accadrà nulla nei cieli di Jeddah ? La riposta è chiara, nessuno, ed i nuovi vertici della Fia e della F1  escono minati sul fronte dell’opinione pubblica: con un’immagine che è quella di chi nasconde la testa nella sabbia per preservare la continuità dell’evento e gli interessi degli organizzatori.

Scritto da Natalia Cancellaro

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