Fiat Abarth 131, una storia di successo.

Ci si chiede spesso se per essere vincente, una vettura di serie debba nascere già con una indole sportiva, oppure possa essere rivista in una seconda fase per mostrare i muscoli su una pista da gara.

Ad oggi non esiste improvvisare, il motorsport ha le sue prerogative ben chiare e definite.  In passato però non era così, i regolamenti erano meno restrittivi, c’era bisogno di un minor esborso di denaro per trasformare una vettura e con dei tecnici preparati si poteva ottenere il massimo risultato assoluto.

In quegli anni la Formula 1 aveva la sua bella fetta di visibilità, ma i rally erano “le corse vicino alla gente”, le ruote scoperte un terreno per lo più di costruttori di telai, fatta eccezione per Ferrari e pochi eletti.

Le competizioni su strada erano invece un terreno di caccia dei costruttori di auto stradali, l’obiettivo era realizzare una macchina il più possibile vincente, allo scopo di portare gente nei concessionari.  Vincente nelle corse come sulle strade di tutti i giorni, era un modello di marketing che funzionava parecchio.

Nella seconda metà degli anni ’60, avevamo la Lancia Stratos a dominare la scena, i piloti privati facevano quel che potevano al volante delle meno performanti Fiat 124 Sport Spider, ma la sfida era impari; chiedevano il supporto tecnico della casa madre e qualche risultato degno di nota inizia ad arrivare.

La svolta giunge nel 1971, FIAT acquista la Abarth e ne fa il proprio reparto corse, ed è qui che inizia la vera storia.  La 124 infatti si dimostra una vettura poco adatta e si pensa ad un’erede per compiere il salto di qualità: l’azienda torinese scommette sulla 131.

C’è molto lavoro da fare, si sceglie come base di partenza la 131 Mirafiori, il design è affidato alla carrozzeria Bertone e viene realizza una versione corsaiola di una berlina tre volumi, ampio, e l’uso di resina e alluminio su cofani, passaruota e portiere.

Uno splitter all’anteriore ed uno spoiler sul cofano donano più stabilità alla vettura, dotata inoltre di carreggiate più larghe rispetto al modello da cui deriva.

Allo sviluppo del telaio lavorano due perni cardine di FIAT Auto Corse-Abarth: Mario Colucci è il nuovo Direttore Tecnico, insieme al Direttore Generale Renzo Avidiano; si inizia a lavorare sul 131, l’altro perno è l’ing. Sergio Limone, che ha partecipato alla maggior parte dei successi nei Rally.

Nasce così la 131 Abarth, la metamorfosi è avvenuta, il bruco diventa grande ed il bozzolo si schiude, una farfalla è pronta per volare sulle strade di tutto il mondo.

L’equipaggiamento tecnico è notevole: Abarth lavora su un quattro cilindri in linea di 2.0 L, testa in lega leggera, doppio albero a camme, 16 valvole iniezione meccanica Kugelfischer, che va a sostituire la versione di partenza con il carburatore.

Il cambio è un 5 marce a innesti frontali made in Abarth con differenziale autobloccante ZF.  Il reparto sospensivo vede uno schema McPherson su entrambi gli assi, circa 230 CV su una vettura da 1.000 Kg!

Dopo i primi problemi di gioventù, la 131 matura in una vettura vincente, dal 1977 al 1980 dominio assoluto con 18 vittorie, 3 sono i titoli costruttori per FIAT, due per i piloti Markku Alen e Walter Rohrl.

L’Italia trionfa, una berlina per la famiglia, trasformata a dovere in appena 400 esemplari utili per l’omologazione, diventa una vettura vincente.

Di seguito, in allegato, alcune pagine della fiche tecnica FIA.

La scommessa italiana è stata vinta.

Scritto da Alessandro Rossi

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