WEC, seconda parte dell’intervista ad Eduardo Freitas.

Seconda parte di una lunga intervista ad Eduardo Freitas, Race Director del FIAWEC.

Qui trovate la prima parte.

https://www.salastamparacing.com/wec-intervista-ad-eduardo-freitas-race-director/
 

AS: Cosa ne pensa della nuova procedura di Safety Car per Le Mans?

EF: Beh, prima proviamola. Sono piuttosto fiducioso.  Far entrare la Safety Car a Le Mans è sempre un’operazione complessa, se guarda agli anni passati il numero degli interventi della Safety Car è stato ridotto drasticamente, parecchio. Lo scorso anno ne abbiamo avuta solamente una. Le Mans fa un eccellente lavoro nel miglioramento del modo di muovere i mezzi in occasione delle slow zones e dei FCY.

Durante l’inverno hanno fatto tantissimi lavori dei quali le persone non sono a conoscenza, come ad esempio creare migliori accessi in alcune aree in modo che noi possiamo mettere un carro più grande anziché macchine più piccole, in modo tale che noi possiamo dispiegare mezzi pesanti attraverso le strade di servizio per fare riparazioni o altro.

Di conseguenza la Safety Car a Le Mans, è qualcosa che calerà, e la tendenza è stata e sarà in decrescita. Il meteo può giocare un ruolo importante in questo, ma penso che questo nuovo sistema sia qualcosa che bolliva in pentola già negli scorsi tre anni. Ritengo che permetterà ai team che hanno avuto problemi tecnici ed intoppi di rimanere un po’ di più nella competizione, e siccome far intervenire la Safety Car scombussola la gara già di suo si vuole provare a tirare fuori qualcosa di positivo da ciò.

Questo è come la penso io. Non è qualcosa che verrà utilizzato ogni ora, davvero non funziona così. Noi in direzione gara non pensiamo che sia questo il modo di gestire una corsa. Cerchiamo di evitare di raggruppare le auto, evitiamo di distruggere lo sforzo dei team che hanno combattuto per sei ore per avere un distacco sufficiente, perché sanno che dopo otto ore avranno bisogno di cambiare determinati componenti e quindi necessitano di un distacco maggiore. Non “uccidiamo” questo fattore. Penso che l’idea di stare dietro la Safety Car non sia di utilizzarla ogni quattro ore. Questo è fuori da ogni considerazione.

AS: Un’altra domanda relativa ai circuiti, i track limits: nell’Endurance non vedo la stessa frenesia che c’è in Formula 1. Per te, qual’è la soluzione migliore? Sensori, ghiaia… La soluzione che ho osservato da vicini in Eau Rouge-Radillon pare ricordare Le Castellet, con strisce di colore diverso, sembra però differente.

EF: All’Eau Rouge la differenza che lei vede è solamente vernice; Le Castellet ha differenti gradi di aggressività della superficie, che cresce col cambiare del colore. Era un esperimento fatto all’epoca. Non so se fosse stato testato scientificamente, mettiamola così, ma una cosa è certa: se ti giri su quella parte del tracciato con superficie più abrasiva le tue gomme si distruggeranno completamente. I track limits sono una sorta di piaga, diciamo così.

I tracciati sono progettati in modo tale che i piloti rimangano all’interno delle due linee bianche. Il dipartimento per la sicurezza spende ore assieme al dipartimento del circuito per calcolare e simulare le velocità lungo il tracciato in modo che possiamo capire cosa rappresenti un’uscita di pista per le varie tipologie di vetture in un punto specifico del tracciato.

Guidare abusando dei track limits mette a repentaglio tutto questo lavoro. Inoltre c’è il lato sportivo della questione. L’appendice L è molto chiara a riguardo nel capitolo 5: “I piloti sono tenuti a guidare all’interno delle due linee bianche” ed è ben descritto qui. Se noi permettiamo ai piloti di trarre vantaggio dal guidare fuori dalle linee bianche ciò che loro stanno facendo è di base illegale, se consideri solamente il punto di vista del regolamento.

Negli anni passati è stato un lavoro progressivo, è un carico molto importante: ho tre persone in direzione gara che controllano solamente i track limits, che sono tanti. Abbiamo moltissime macchine in gara e i piloti tenderanno ad ottimizzare la situazione, che lo si voglia o meno. Una soluzione che funziona a Spa potrebbe non funzionare a Barcellona, ed una soluzione che funziona molto bene a Barcellona potrebbe non essere adatta al circuito di Spa. Ogni circuito ha le proprie caratteristiche cui adattarsi.

AS: I circuiti sono molto diversi sì, penso a Sebring, Le Mans…

EF: Sebring è differente, Le Mans è differente. A Le Mans è difficile mantenere coerenza di giudizio sui track limits a causa del fatto che innanzitutto è una gara lunga, e qualche volta cambia il giudice e a prescindere quanto i briefing possano essere fatti bene, i criteri cambieranno leggermente da uno all’altro. Fa parte della natura del lavorare con esseri umani, e fortunatamente noi abbiamo esseri umani attorno al tracciato, quest’anno saranno duemila, penso sia un record.

Durante la notte è molto più difficile, qualche volta i marshall vedono un track limit, ma non riescono ad individuare la vettura a causa del buio, questo vale per tutti i concorrenti in fin dei conti. Il numero dei track limits è diminuito. Abbiamo ridotto drasticamente il numero dei jolly a disposizione di ogni pilota, e viene ridotto alla fine di ogni stint o pit stop.

Ora abbiamo detto basta. Abbiamo capito che stavano giocando con questo metodo, quindi abbiamo ridotto drasticamente il numero. Il carico dei track limits che abbiamo avuto oggi è stato circa il 15% rispetto alla stessa sessione lo scorso anno. Hanno capito che gli stiamo sotto. I piloti vogliono coerenza e consistenza (nel giudizio, ndr). Di conseguenza non appena troveremo la tecnologia che ci permetterà di essere consistenti i piloti obbediranno.

E’ un processo che richiede tempo, è un processo in costante evoluzione. Basti pensare che molti simulatori non hanno i track limits e loro (i piloti ndr) spendono ore e ore al simulatore. In conclusione, è un processo in costante evoluzione.

AS: Che lavoro fanno le duemila persone che hai citato riguardo Le Mans?

EF: Per quello che ho capito il marshalling a bordo pista coinvolgerà duemila persone, che è un numero colossale. Non dimentichiamo che è una gara di 24 ore, dove dobbiamo cambiare le persone a intervalli regolari. I turni cambiano a seconda dei capiposto, che sono responsabili per il loro gruppo di lavoro. I capiposto decidono le turnazioni per la rotazione delle persone all’interno del gruppo.

E’ una gara dura. Se il meteo è brutto è parecchio inclemente con le persone che si trovano a bordo pista. Io stesso sono stato commissario di percorso quindi so quello che dico. Dall’altro lato però è una festa per i commissari di percorso. Essere lì il venerdì deve essere qualcosa di davvero emozionante, perché si ritirano le divise, si gioisce insieme per il fatto di trovarsi tutti insieme come commissari, per il fatto di provenire da tutte le parti del mondo.

A Le Mans mi hanno presentato commissari di percorso che vengono dalla Nuova Zelanda! Non potrebbe esserci un posto più lontano. Loro sono volontari, pagano di tasca loro per essere presenti, il che è davvero degno di nota. Durante i briefing dico sempre ai piloti che i commissari di percorso sono le mie braccia, le mie mani ed i miei occhi sul circuito. Se manchi di rispetto ai commissari la prendo sul personale. E loro lo sanno.

AS: Ancora un paio di cose, la prima: come funziona il modo di comunicare durante la gara o in generale durante il  weekend tra la direzione gara e le squadre?

EF: Abbiamo diversi strumenti di comunicazione. Possiamo comunicare tramite messaggio direttamente sui monitor del muretto, questo è il primo modo. Possiamo comunicare tramite radio al muretto, che è un modo di comunicare mono direzionale: io parlo e loro ascoltano.

Loro possono comunicare con noi tramite discord: è un modo intelligente di comunicare, dove abbiamo canali privati con ogni team manager ed abbiamo canali pubblici con tutti i team, dove loro possono comunicare con rispetto; se non rispetti gli altri ricevi un ban di un certo periodo di tempo, che può essere di un weekend o più.

C’è anche comunicazione in entrambe le direzioni. Se poi il problema è serio noi possiamo naturalmente convocare i team manager ed i piloti in direzione gara per parlarne con loro faccia a faccia.

AS: Senza entrare nel merito della questione Formula 1 vs. WEC, la Formula 1 ha ora una Remote Room a Ginevra.  Pensi che più avanti si avrà la stessa cosa nel WEC?

EF: Le cose stanno così: è di grande supporto. Le persone che se ne occupano fanno un lavoro fantastico, il fatto di guardare la gara a casa sulla televisione permette di vedere cose che non potresti vedere guardandola in diretta al circuito. Non c’è pressione, non c’è rumore, non c’è pressione per rispettare gli orari.

Puoi aprire la tua bevanda preferita, sistemare la postazione come preferisci. Guardare le corse a casa ti permette di vedere le cose sotto una pressione differente, se ci fosse. Io guardo i Gran Premi a casa: accendo il mio tablet, apro il computer, ho la televisione e tutto ciò che mi serve. Qui farei così, nell’altra situazione farei in maniera diversa. E’ molto facile, posso persino accarezzare il mio cane.

In Direzione Gara è talmente differente: ROC (Remote Operation Center, centro operativo remoto) è una posizione intermedia, che ha accesso a tutti i dati che sono disponibili in Direzione Gara e fanno un ottimo lavoro, davvero un ottimo lavoro, su cose che toglierebbero tanto tempo al direttore di gara, che possono essere gestite da terzi da remoto.

Loro fanno analisi dettagliate, vanno a fondo su quanto succede in pista, ed io li chiamo in causa. Loro spesso allertano che hanno notato qualcosa e chiedono se vogliamo rivederlo. E’ un aiuto molto importante. Se arrivasse anche nel WEC non avrei nulla in contrario: più persone ci sono a gestire una situazione, più facilmente la si può gestire.

Alla fine il numero di vetture è aumentato, la pressione sui costruttori aumenterà, di conseguenza il Campionato dovrà aggiornarsi. Quindi se dovesse arrivare non ne sarei sorpreso e non sarei contrario. Attualmente i mezzi ed il budget impiegati per Formula 1 e WEC fanno parte di due mondi completamente distinti, sono mondi totalmente differenti.

AS: In particolare se avete date che si sovrappongono, quindi non potreste utilizzare la stessa stanza ad esempio.

EF: Per iniziare questo, esatto. Abbiamo molte date che si sovrappongono, ma non sarei contrario ad avere un ROC. Per l’esperienza che ho avuto nel mio passaggio in Formula 1 posso dire che quando è stato usato è sempre stato di grande aiuto.

AS: E riferendomi al Dipartimento per la Sicurezza, quanto sono coinvolti durante il corso del weekend?

EF: Loro sono parecchio coinvolti. Qualsiasi cosa accada noi li informiamo e qualche volta ci cercano per darci qualche suggerimento o raccomandazione, piuttosto che fornire ulteriori dati su un episodio, oppure controllare se hanno altre angolazioni da altre telecamere sull’episodio. E’ quindi un lavoro di tante persone ed alla fine quello che vogliono tutti i Campionati, ed in generale le persone, è trovare un modo per aumentare la sicurezza e ridurre la possibilità che qualcosa vada storto.

Quindi più noi… Certamente con le limitazioni del caso, ma più persone siedono allo stesso tavolo controllando uno stesso episodio, più opinioni si hanno, quando si giunge a una conclusione si avrà un’immagine migliore dell’episodio rispetto a quella che si avrebbe se ci fosse una sola persona che provi ad analizzarlo da sola. Qualche volta chiedi l’opinione del Driver Advisor, perché vuoi vedere l’episodio sotto una prospettiva differente.

Ho affrontato il problema, ho esaurito i modi in cui io posso analizzarlo, chiedo quindi aiuto al driver advisor o ad un altro direttore di gara che non è coinvolto in quel determinato problema per poter vedere la loro reazione riguardo a un’episodio “a freddo”.

AS: Il Driver Advisor ha il permesso di parlarle direttamente, o può per esempio farle notare cose?

EF: Sì, lui può far notare cose.

AS: Lo fa. Quindi lui le scrive per vedere: “Cosa ne pensi?” O cose simili?

EF: No lui risponde su questioni che gli vengono presentate, ha la sua indipendenza. Qualche volta si concentra più su un aspetto piuttosto che su un altro per ragioni che non so, ma spesso ci contatta lui: qui potremmo far così, se guardassi questo forse vedresti che…, se andassi indietro di trenta secondi su questa telecamera ci sarebbe qualcosa che potrebbe interessarti. Normalmente questo è l’approccio che ha con me.

AS: E’ la stessa persona ad ogni evento?

EF: Nel WEC e nell’ELMS è sempre Yannick Dalmas.

AS: E per Le Mans, che dura 24 ore?

EF: Ha bisogno delle sue pause, e quando le fa beh, se non hai un’alternativa per avere a che fare con la questione provi a trovare una soluzione alternativa. Se penso che il problema abbia necessariamente bisogno dell’intervento di Yannick di solito chiedo agli stewards di aspettare fino a che Yannick torna, perché vorrei vedere il problema dalla prospettiva di un pilota.

AS: Ultima da parte mia: perché e quando Eduardo Freitas ha deciso di diventare Direttore di Gara?

EF: Per rispondere a questa domanda devo andare indietro nel tempo, molto indietro!

Mi è sempre piaciuto fare lavori manuali sin da quando ero ragazzo, tipo il bricolage;  a un certo punto ho iniziato a divertirmi con i motori motociclistici a due tempi. Un giorno incrocio una persona che era un commissario, un caro amico, un compagno di bevute, un confidente. Lui non è più tra noi, possa Dio vegliare su di lui. Lui mi disse: “Senti, ho questa idea.Riguarda i kart”.

Ed io gli risposi: “Scordatelo, quattro ruote, scordatelo. E’ fuori discussione”. “Nah, è un motore a due tempi”. Così gli dissi: “Ascolta, ha troppe ruote”. E lui: “Aaah dovresti venire e vedere coi tuoi occhi”. Bene, quando un amico te lo chiede non puoi dire no, se lo merita. Ed eravamo amici già da parecchio tempo, quindi andai e vidi da vicino i kart, li trovai interessanti, con quattro ruote, e guardai al posteriore e dissi: “Oooh, il pignone è sull’albero”, una cosa che non avevo mai visto nella mia vita. Nessuna frizione, nessun cambio: ora questo sì che potrebbe essere divertente.

Così tutto cominciò. Ero meccanico di una squadrati kart e nel 1979 ci fu un campionato a Estoril dove gareggiò anche Senna. Venne vinto da un pilota olandese. Ero lì per comprare un telaio, uno Zip Shuttle 77, da Mr Martin Hines, che non è più tra noi. Era Campione Mondiale della classe 250 con cambio. Io non sono stato mai troppo addento a quel mondo. La corona deve essere sul semiasse e io avevo, io lavoravo con motori 125 dotati di cambio, ma il divertimento era che la corona fosse sull’asse.

Succede che sto quindi guardando il Campionato Mondiale dalla tribuna B di Estoril, sopra la postazione 2 dei commissari di percorso. E pensai: “Questo potrebbe essere più divertente che essere all’interno del garage, bruciandomi le braccia sullo scarico, sempre con le mani sporche. A quel tempo fumavo molto e ogni volta che volevo fumare dovevo pulirmi completamente. Questo sì che potrebbe essere divertente”.

Quindi dissi: “Sentite, potreste trovare un modo per farmi fare il commissario di percorso per un giorno?”. Due di loro con i quali passavo le notti attorno ai motori mi portarono a una gara motociclistica di 300 km. La mia postazione era all’apice della tribuna A in Estoril e la partenza della gara era in stile Le Mans.

Quando la gara partì dissi: “Questo non è quello che mi piace, tutte queste moto che si dirigono verso di me”. Questa fu la prima esperienza. La seconda fu alla vecchia curva 4, era il vecchio circuito di Estoril esterno, e la mia terza era da solo alla fine della famosa parabolica di Estoril, da solo, come commissario di percorso. Penso che poi che siano l’ambizione e la motivazione a farti muovere.

Era divertente, le sere insieme agli altri commissari erano divertenti e iniziai a parteciparvi più spesso, facendo test, facendo questo e quello. Ho fatto tutto quello che si può fare in un circuito, eccetto il cronometrista. Quella cosa che i numeri cambiano quando si arriva a 60 non mi è mai entrata in testa. Ho fatto dalle ispezioni tecniche ai cancelli a Estoril. Ho fatto tutto.

E nel 2001 ci fu il FIA GT a Estoril. Mentre preparavamo la gara la domenica mattina ci fu un’accesa discussione con Jürgen Barth. Era molto accesa e lui aveva ragione. Riguardava il Park Fermé e come io lo concepivo. Lui disse: “Naah, serve che sia più aperto al pubblico, facciamolo qui”. “Ma le persone potrebbero…”. “Non preoccuparti, facciamolo qui”. La situazione era tesa.

Nel febbraio 2002 ricevetti una telefonata. In Germania hanno un fuso diverso dal Portogallo. Ricevetti una telefonata da Jürgen Barth che mi chiedeva se volessi diventare il direttore di gara del FIA GT e del FIA ETCC. “Puoi richiamarmi tra quindici minuti per favore?” gli dissi. “Stai ancora dormendo?”. Quindi attaccai il telefono, andai in bagno, mi sciacquai la faccia e rimasi per quindici minuti a fissare il telefono prima che Jürgen Barth mi richiamasse. All’epoca era per un anno, ed ero sicuro che sarebbe stato solo per un anno.

Quindi ne discussi con la mia famiglia, perché questi lavori prendono tantissimo tempo. O li fai bene o non li fai. Ne parlai con mia moglie e le dissi: “Ok, sarà solamente per un anno, dovremmo cogliere l’opportunità”. E lei disse: “Facciamolo. Io gestirò le cose da questo lato, tu cogli l’opportunità. Goditi questo anno da Direttore di Gara FIA”.

Beh, sono ancora in giro.

Questo è come iniziò tutto. Da una chiamata di Mr Jürgen Barth, perché Roland (Bruynseraede, ndr) si spostò dal FIA GT al DTM, quindi vorrei ringraziare il DTM per aver invitato Roland, perché questo mi diede la possibilità di realizzare un sogno.

AS: Quindi stai dicendo che sei passato da commissario di percorso a…

EF: Sì, sono passato da commissario di percorso a dove sono ora.

AS: Sì, ma non è accaduto in una volta sola, giusto?

EF: No no no no.

AS: Questo è quello che intendevo. Sei passato da commissario in prova, capoposto…

EF: Ho iniziato in prova nel 1979. Come direttore di gara feci la prima esperienza nel 1987, per tutte le gare di Formula 1. Le prime le feci come capoposto a Estoril, poi fui il responsabile dei settori per la Formula 1, poi negli ultimi due anni aiutavo in direzione gara grazie al mio ottimo inglese, che mi ha aiutato parecchio nel prosieguo della mia carriera. Ci sono poche cose nella gerarchia dei commissari che non ho provato, incluse le verifiche tecniche e tutte quelle cose.

Tutt’ora ho piacere a farle. Non è strano che mi si veda a Estoril all’uscita di curva 1 quando ci sono gare nazionali assieme a mio nipote alle bandiere.

AS: E anche lui farà il commissario di percorso?

EF: Dipende da lui. Se vuole, certamente sì. Gli piace andare alle gare, gli piace guardare le gare con me a casa. Ora sta progredendo molto nell’hockey a rotelle, è stato appena invitato a far parte della squadra nazionale. Penso quindi che le gare siano andate, ma mia moglie è stata commissaria, le mie figlie sono state commissarie, è andata così più o meno. Mia moglie è stata commissaria perché era l’unico modo per stare assieme a me durante i fine settimana.

AS: Certamente (risate)

EF: Altrimenti sarebbe stato impossibile! Le mie figlie iniziarono a voler fare le commissarie molto presto. L’unica cosa che le imposi fu che prima della maggiore età potevano fare qualsiasi cosa in circuito, ma non in pista. Dopo che sarete maggiorenni avrete la mia benedizione per andare in pista.

Loro aiutarono in direzione gara, nelle verifiche tecniche, nel distribuire i pranzi. Questo genere di cose. Mi ricordo di mia figlia più grande, il cui compleanno era di mercoledì, quando lei soffiò sulle candeline e disse: “Ora posso lavorare alle bandiere!”. Ho ancora questo episodio scolpito nella mente. Il fine settimana successivo era in curva 1, poi in curva 3, a sbandierare.

AS: Grazie mille per la disponibilità e la cortesia.

EF: Grazie a voi, è stato un piacere.

Trascrizione a cura di Jacopo Muzio

Intervista: Alessandro Sala; (Dieter Rencken).

Foto: ©AlessandroSala + Archivio.

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